La Festa dell’Europa: alcune riflessioni sui simboli nell’Unione europea

Oggi si festeggia la Festa dell’Europa, in ricordo della Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950. Ma siamo sicuri che questo e gli altri simboli europei siano in grado di rafforzare l’adesione dei cittadini all’Unione europea?

Oggi si festeggia la Festa dell’Europa, in ricordo della dichiarazione del ministro degli esteri francese Robert Schuman del 9 maggio 1950.

La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano

Robert Schuman, Dichiarazione del 9 maggio 1950

In quello storico discorso, Schuman propose di istituire una comunità di stati europei per gestire la produzione di carbone e acciaio con l’obiettivo di mettere fine al conflitto secolare tra Francia e Germania e preservare la pace in Europa.

Da quella proposta nacque l’anno successivo la Ceca, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, ossia l’embrione delle istituzioni europee che oggi formano l’Unione europea.

Robert Schuman in una foto del 1950

Festa o giornata dell’Europa?

Innanzitutto, come la dobbiamo chiamare: Festa dell’Europa o Giornata dell’Europa? Se navigate sul sito dell’Unione europea vedrete che il termine usato è “Festa dell’Europa”, ma se cercate sul sito IATE (Interactive Terminology for Europe) – che garantisce la coerenza terminologica tra le diverse lingue per tutte le istituzioni dell’Unione europea – la traduzione proposta è Giornata dell’Europa.

Ancora più interessante è che per quasi tutte le lingue si tratta di un giorno o una giornata. Per citare solo alcuni esempi, in inglese si dice Europe Day, in francese Journée de l’Europe, in tedesco Europatag, in spagnolo Día de Europa, in polacco Dzień Europy, in ceco Den Evropy.

Solo in Italia quindi festeggiamo, tanto per riconfermare un luogo comune che ci trasciniamo da secoli?

Due date e due feste dell’Europa?

Tanto per aumentare la confusione, dovete sapere che esiste un’altra Giornata dell’Europa che cade il 5 maggio: quattro giorni prima! Si tratta di una data istituita nel 1964 dal Comitato dei Ministri per ricordare la creazione del Consiglio d’Europa il 5 maggio 1949.

Due date per festeggiare l’Europa non saranno troppe?

Il Consiglio d’Europa (Council of Europe) è una organizzazione internazionale, con sede a Strasburgo in Francia, che oggi riunisce 47 stati membri del continente europeo. Il Consiglio d’Europa si occupa di accordi internazionali sui temi dei diritti dell’uomo, della democrazia, dell’identità e cultura europee.

Attenzione, però: il Consiglio d’Europa non ha nulla a che fare con l’Unione europea e non va confuso né con il Consiglio dell’Unione europea (Council of the European Union), che riunisce i diversi ministri degli stati membri dell’Unione europea secondo le diverse tematiche, né con il Consiglio europeo (European Council), che riunisce i capi di governo e di stato degli stati membri dell’Unione europea, oltre al presidente del Consiglio europeo e al presidente della Commissione europea.

Ha ancora senso questa ricorrenza?

Basterebbe tutto questo caos di date, nomi e istituzioni per mettere in dubbio l’efficacia della Festa dell’Europa (quella dell’Unione europea intendo) come simbolo.

Ma soprattutto, se si vuole festeggiare l’Europa perché non si è ancora istituito una festa nel pieno senso della parola, al pari di tutte le ricorrenze che – a livello nazionale, regionale e locale – prevedono la sospensione del lavoro e celebrazioni comunitarie.

Finché il 9 maggio non diventerà una festa “nazionale” in tutti gli Stati membri, questa data è destinata a confondersi con le varie Giornate e Feste che affollano il nostro calendario e i nostri social network.

Penso che valga la pensa capire se ha ancora senso ancorare questa festa dalla Dichiarazione Schuman, non per metterne in dubbio il valore storico, ma per riflettere se sia ancora oggi un evento significativo per identificarsi nell’Unione europea.

Un’unione economica o politica?

A ben guardare Schuman ha proposto di creare una comunità di natura economica incentrata sulle due materie prime fondamentali per la ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale: il carbone e l’acciaio.

La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà sì che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile.

Robert Schuman, Dichiarazione del 9 maggio 1950

Al tempo, la proposta di Schuman si inseriva in un orizzonte più ampio ossia garantire la pace nel mondo e la strategia scelta dei piccoli passi si può considerare vincente all’epoca.

Ma, con il senno di poi, questa proposta eminentemente economica non è ciò che ha bloccato lo sviluppo della cooperazione europea in senso più politico e organico? Non è questo uno dei limiti dell’Unione europea di oggi, almeno per una parte degli europeisti più convinti ma anche più critici?

Oltre la conflittualità tra Francia e Germania

E poi la dichiarazione Schuman parla di un mondo in cui la conflittualità tra Berlino e la Francia erano centrali. Ancora oggi i rapporti tra i questi due Paesi e la loro collaborazione è fondamentale per il funzionamento dell’Unione europea.

Ma altre potenziali linee di fratture sono sotto gli occhi di tutti: tra un’Europa settentrionale e un’Europa mediterranea, tra un’Europa occidentale e di più vecchia adesione e un’Europa orientale di più recente acquisizione, per esempio.

Altri simboli dell’Unione europea poco efficaci

A ben guardare l’Unione europea non è riuscita a creare dei veri simboli.

La bandiera

La bandiera – dodici stelle dorate su campo blu – sicuramente identifica l’Europa, più ancora che l’Unione europea.

Nasce infatti nel 1965 su decisione del Consiglio d’Europa, viene adottata dal Parlamento europeo nel 1983 e nel 1985 dalla Comunità europea (ora Unione europea). Ritorna qui quel caos di istituzioni diverse e simboli in co-proprietà che abbiamo visto per la giornata dell’Europa.

Certo ad alcuni ricorda l’aureola di stelle della Vergine Maria. Ad altri ricorderà una bandiera a stelle e strisce ma senza strisce.

E poi, perché l’Unione europea si ostina a chiamarla ‘emblema’?

Io ho più stelle di te. e anche le strisce, tiè!

L’inno

Tutti conosciamo l’Inno europeo: la melodia del quarto movimento della nona sinfonia di Beethoven.

L’Inno era già stato scelto nel 1972 dal Consiglio d’Europa e adottato nel 1985 dall’Unione europea: ritroviamo qui di nuovo la confusione di un simbolo adottato da due diverse e autonome istituzioni. L’inno di Beethoven, al massimo, si può considerare un simbolo europeo, ma non dell’Unione europea in senso stretto.

Nessuno nega che la Nona sinfonia sia un’opera di una potenza senza pari. Ma anche qui la scelta è caduta solo sulla musica, escludendo il testo di Schiller e rimaneggiato da Beethoven.

Sono rari gli inni nazionali senza testo. Il caso più noto è quello dell’inno spagnolo.

Se scopro chi ha tolto le parole… (Ritratto di Beethoven di Joseph Karl Stieler, 1820)

Perché si è scelto un inno senza parole? Non si voleva che ci fosse un testo in una sola lingua, quando in Europa le lingue sono 24? Ma sono molti i canti e inni che sono diventati patrimonio dell’umanità al di là della lingua. Pensiamo solo alla Marsigliese o più recentemente a Bella ciao, adottati e cantati anche da chi non conosce il francese o l’italiano.

In alternativa, non si sarebbe potuto pensare di fare una traduzione del testo anche nelle altre lingue, da poter cantare tutti assieme?

Certo l’inno parla il “linguaggio universale della musica”, come dice l’Unione europea. Ma con questa scelta si sono privati tutti i cittadini della possibilità di esprimere e cantare l’adesione ai valori dell’Unione europea, a meno di mormorare o canticchiare la melodia senza parole, con effetto grottesco.

Il motto

Il simbolo più recente è il motto, deciso nel 2000: “Unita nella diversità”, ma potreste trovare anche “Uniti nella diversità”, oppure “Unità nella diversità”.

Sono tutte varianti di uno stesso concetto che, tra l’altro, condividiamo con l’Indonesia (1945) e con il Sudafrica (adottato sempre nel 2000).

Per non parlare dell’aria di famiglia, almeno concettualmente, con il motto latino degli Stati Uniti “E pluribus unum”.

La sfida di creare un simbolo che parli dell’Unione europea

Sembra che l’Unione europea (e le sue istituzioni precedenti) abbia fatto di tutto per creare simboli poso identificativi.

D’altra parte raccontare l’Europa dell’Unione è una sfida improba. L’Unione europea è costituita da 27 Paesi, ma la sua moneta è adottata da 19 Stati, mentre l’area di mobilità definiti dagli accordi di Schengen riguarda 22 Paesi dell’Unione europea e 4 Paesi extra UE.

Lo sa anche Menasse che nel suo romanzo La capitale racconta dell’ipotesi di rilancio dell’Unione europea attraverso il fallimentare progetto Giubileo. Solo un austriaco – dopo Musil e l’Azione Parallela narrata nell’Uomo senza qualità – poteva mostrarci la difficoltà (o l’impossibilità?) per la politica di costruire nuovi simboli.