Quando gli esperti non sono d’accordo

Pensieri in libertà su comunicazione, coronavirus e esperti

In questi giorni giornalisti e politici interrogano gli esperti (virologi, epidemiologi, infettivologi…) per capire quali misure prendere per affrontare l’emergenza della COVID-2019, alla luce delle evidenze scientifiche attualmente disponibili.

Ne è emerso uno spettacolo disorientante per i cittadini: scienziati che si dividono e si criticano a vicenda sui media quando si tratta di capire quanto è grave questa nuova influenza e quali sono le misure più idonee. Basti pensare alla diversità di toni tra Roberto Burioni e Ilaria Capua, due eminenti scienziati noti al grande pubblico (qui trovate un breve riassunto della querelle Gismondo-Burioni-Capua).

Bertrand Russel così definisce la sua posizione scettica in Saggi scettici, che per caso sto leggendo:

Lo scetticismo che io auspico si riduce soltanto a questo: 1) che quando gli esperti concordano nell’affermare una cosa, l’opinione opposta non può più essere ritenuta vera; 2) che quando essi non sono d’accordo, nessuna opinione può essere considerata certa dai non esperti; 3) che quando concordemente gli esperti affermano che non esiste alcun motivo sufficiente per un’opinione positiva, l’uomo comune farebbe bene a sospendere il suo giudizio. Queste proposizioni sembrano forse semplicissime: eppure, una volta accettate, rivoluzionerebbero completamente la vita umana.

Bertrand Russel, “Sul valore dello scetticismo” in Saggi scettici, trad. di Sergio Grignone

Il problema si pone quando ci si trova nella seconda situazione. Nella vita quotidiana e in situazioni di emergenza come questa non possiamo concederci il lusso di non avere opinioni. Dobbiamo agire e, nel limite del possibile, vorremmo farlo in maniera razionale, basandoci sui dati a disposizione della scienza.

Mi pare che questo sia un problema scarsamente affrontato.

Molti tra giornalisti, opinionisti, scienziati sottolineano la necessità che i cittadini e i loro rappresentanti si affidino agli esperti delle singole materie e denunciano l’ingiustificata sfiducia della gente nella ricerca, il meccanismi perversi della comunicazione soprattutto sui social network, le ingerenze della politica.

Il problema delle divergenza tra gli esperti è destinato a presentarsi sempre più di frequente.

Non solo perché la ricerca scientifica si basa proprio sul libero  confronto tra opinioni diverse (il che implica una connaturata presenza di diverse opinioni), ma là dove si affrontano questioni complesse diventa necessario coinvolgere esperti di diverse discipline (la famosa interdisciplinarità), con i propri approcci e prospettive diverse.

Se poi chiediamo ai ricercatori di essere più presenti nel dibattito pubblico attraverso la divulgazione, le attività di outreach, il public engagement, questa divergenza di opinioni non potrà non mostrarsi sui media.

Ecco quindi che la soluzione di Russell, che tanto semplice sembrava, diventa insufficiente.