Continuiamo le riflessioni fatte in un articolo precedente, dove ho evidenziato come non esista una politica culturale dei finanziamenti, né stanziamenti di fondi certi.
Un’abitudine tutta italiana
Non solo non è certa la dotazione finanziaria, che dipende di anno in anno da mille variabili. Ma anche le regole per la determinazione del contributo sono molto insicure.
Nella maggior parte dei bandi, lammontare massimo del contributo è stabilito fino ad una soglia massima: “fino al … % dei costi ammissibili” o “fino ad un ammontare pari a € …”.
In genere, tali soglie sono vincoli che definiscono il massimo contributo richiedibile: purché la richiesta rispetti tali criteri, la domanda di finanziamento sarà approvata senza grandi sorprese. Possono eventualmente essere richieste leggere modifiche al budget, quasi sempre bern circostanziate. (L’unica eccezione a me nota è il caso di alcuni finanziamenti di origine comunitaria gestiti a livello nazionale.)
Questo non avviene in Italia, dove molto spesso, al momento dell’approvazione del contributo, l’istituzione proponente si ritroverà la concessione di un contributo più basso di quanto richiesto nella proposta presentata.
Le cause di questo fenomeno
Innanzitutto, è utile capire perché ciò accada?
Una possibile spiegazione è già alla portata di mano. Se la dotazione finanziaria non è certa, può subire delle riduzioni tra il momento della pubblicazione del bando e quello della definizione dei progetti ammessi a finanziamento.
Ma può anche succedere che l’ente finanziatore decida di non scontentate nessuno, o di accontentare il maggior numero delle proposte ricevute, ripartendo tra tutti i fondi disponibili.
Nell’uno o nell’altro dei casi, si avrà a che fare con una riduzione del contributo. In entrambi i casi siamo in presenza di un malcostume italiano.
Perché è un errore
Qualcuno potrebbe obiettare che le sovvenzioni sono elargizioni e che quindi i beneficiari non hanno diritto di sindacare sul gesto di generosità concesso. Soprattutto nel caso di enti pubblici, è qui sottintesa un’idea errata di rapporto tra stato e cittadini (o tra stato e ente privato). Le sovvenzioni non sono concesse (octroyé direbbero i dotti) perché lo Stato è generoso, ma sono accordate sulla base di politiche e normative che trovano il proprio fondamento nella sovranità popolare (cittadini) e sono state definite con il coinvolgimento delle parti (le organizzaizoni culturali).
Ma lasciando da parte queste osservazioni puramente teoriche, anche dal punto di vista dei principi della progettazione, questo fenomeno tipicamente nostrano è un no sense.
- Concedere un contributo inferiore a quello prospettato significa rendere nullo il budget preventivo del progetto, ossia uno degli aspetti su cui verte la valutazione. Se un progetto è stato valutato positivamente anche per la coerenza e ragionevolezza economica, come è possibile poi chiedere di rivedere radicalmente proprio quel punto a seguito di una riduzione di una delle voci di entrata del budget (ossia della sovvenzione richiesta)?
- Inoltre, i vari aspetti di un progetto sono strettamente correlati tra loro, e non è possibile modificare uno di questi senza modificare l’intero impianto del progetto. Di conseguenza, la riduzione di contributo causa il venir meno di quelle condizioni per cui il progetto era stato valutato positivamente.
Possibili soluzioni
Davanti a contributi sensibilmente ridotti, si offrono normalmente due vie di uscita.
1° Caso: In molti casi, il finanziatore concede una riduzione complessiva del budget di progetto, in proporzione alla riduzione subita dalla sovenzione.
1° caso | Progetto presentato | Progetto finanziato | ||
---|---|---|---|---|
Budget complessivo | € 100.000 | € 50.000 | ||
Contributo richiesto | € 60.000 | 60% | € 30.000 | 60% |
Cofinanziamento | € 40.000 | 40% | € 20.000 | 40% |
Ammesso che tale soluzione sia percorribile per il progetto stesso (cosa non scontata), sarà finanziato un progetto diverso da quello inizialmente da quello valutato.
Non sfugge che questa via d’uscita ha favorito un altro malcostume pressomolte organizzazioni: quello di sovrastimare il budget di un progetto, anticipando la riduzione attesa.
2° Caso: In altri casi, l’ente erogatore richiede comunque che l’istituzione finanziata mantenga i propri impegni di cofinaziamento, in termini reali e assoluti e non percentuali.
2° caso | Progetto presentato | Progetto finanziato | ||
---|---|---|---|---|
Budget complessivo | € 100.000 | € 70.000 | ||
Contributo richiesto | € 60.000 | 60% | € 30.000 | 42% |
Cofinanziamento | € 40.000 | 40% | € 40.000 | 58% |
Anche in questo caso di dovrà rivedere la composizione del budget e cercare (se possibile) una sua riformulazione che permetta un maggior confinanziamento da parte del beneficiario.
In entrambi i casi, è fondamentale fare una pausa di riflessione e considerare: possono economicamente sopportare il peso del progetto così come mi viene imposto? La risposta dovrebbe essere sincera con sé stessi e con l’ente finanziatore, fino alla rinuncia al contributo ottenuto.
Ovviamente, quest’ultima opzione non è grave solo dal punto di vista del beneficiario, ma anche per lìente finanziatore che avrà perso la possibilità di sostenere un progetto nel quale aveva inizialmente mostrato di credere.