Finanze e finanziamenti: la cultura all’italiana

Quando la dotazione finanziaria è incerta: il caso dell’Italia, confrontato con Bruxelles, nella programmazione delle politiche culturali (commenti a margine di un vecchio articolo di Shammah André Ruth).

Ritorno – dopo lungo tempo – su una questione sollevata da un intervento di Shammah André Ruth a proposito di eventi culturali gratuiti. Ma ora lo faccio con un occhio alle politiche di sovvenzione della cultura, così come sono messe in atto in Italia.

Shammah André Ruth si chiedeva come fosse possibile che lo Stato – al tempo stesso – regali a tutti i cittadini un evento culturale, e tagli i fondi alle istituzioni culturali, sia pubbliche sia private?

Questo “strabismo” mostra è il segnale della assenza di una politica di sostegno alla cultura e il confronto con Bruxelles è impietoso.

Nell’Unione Europea, la programmazione delle politiche in tutte le aree procede di settennio in settennio: ora siamo nel periodo 2007-2013 e già si sta discutendo del prossimo 2004-2020. Con più di sette anni di anticipo, chiunque (decisori politici, operatori del settore e cittadini) sa:

  • quante risorse finanziarie saranno destinate a ciascun programma comunitario, e a ciascuna azione o linea specifica;
  • quali saranno gli obiettivi prioritari (talvolta espressi in termini talvolta un po’ vaghi);
  • quali saranno le regole di gestione (che subiscono solo minime variazioni nel corso del tempo).

In Italia, invece, non è possibile sapere a quanto ammonta la dotazione finanziaria dello Stato italiano per le proprie istituzioni culturali (statali, regionali, civiche) per l’anno prossimo o per quello in corso.

Non parliamo poi delle regole per accedere ai finanziamenti o per gestirli, che spesso non sono nemmeno note quando viene pubblicato un bando.

In questa situazione, non è possibile programmare le attività culturali ordinarie.

E non è nemmeno possibile dedicare le energie e le risorse per la preparazione di un progetto ossia un’iniziativa che esuli della programmazione ordinaria), non essendo certo se, quando e in quale misura saranno messe a bando eventuali risorse pubbliche.

In tal modo lo Stato – e tutti gli altri livelli istituzionali – hanno scelto di non creare le condizioni per operare la scelta tra i progetti migliori dal punto di vista culturale, gestionale e finanziario.

Forse un governo tecnico come quello presieduto da Monti potrebbe lasciare un segno positivo in tal senso, rivedendo i meccanismi per i principali programmi di finanziamento, a partire dal Fondo Unico per lo Spettacolo.