Brexit e Horizon 2020: quali effetti per le prossime proposte? (seconda parte)

I possibili effetti indesiderati o inattesi della Brexit sui progetti e sulle proposte in preparazione. Qui una breve panoramica dei principali casi

Riassunto della puntata precedente. I cittadini britannici hanno votato in un referendum a favore dell’uscita dall’Unione europea. Theresa May, primo ministro inglese, ha confermato che 29 marzo 2019 la Brexit sarà effettiva e che non cercherà di protrarre ulteriormente le trattative. La Commission europea, da parte sua, ricorda che il Regno Unito diventerà un paese terzo non associato a Horizon 2020 e quindi non potrà accedere ai finanziamenti UE, pur continuando a collaborare come partner beneificiario (se lo desidera). Il governo di Theresa May ha confermato di voler finanziare gli enti britannici coinvolti in progetti Horizon 2020 già approvati o futuri.

Quindi: tutto a posto? Sembrerebbe così, ma ci sono casi in cui la Brexit potrebbe avere effetti imprevisti sui progetti e sulle proposte in preparazione.

Vediamone qui alcuni, facendo due assunzioni di partenza:

  1. Regno Unito e Unione europea non troveranno un accordo specifico e quindi il Regno Unito diventerà paese terzo non associato al programma;
  2. le regole che attualmente governano Horizon 2020 non saranno modificate.

Pronti per il divorzio tra Regno Unito e Unione europea a seguito della Brexit?
Just Divorced! by F. Tronchin /Flickr

I limitati effetti della Brexit sui progetti collaborativi (RIA, IA e CSA)

Nel caso dei progetti collaborativi più comuni agli enti britannici basterà rimanere come partner non beneficiario e richiedere il contributo dal proprio governo, chiedendo direttamente al governo inglese il finanziamento.

Nel caso in cui il capofila abbia sede nel Regno Unito, non è necessario il cambio di leadership nel consorzio: gli enti da paesi terzi non associati possono fare da capofila, anche se non sono finanziati. Immagino che casi di questo tipo siano piuttosto rari fino ad oggi, ma non mi sorprenderebbe che dopo la Brexit diventino più frequenti, con enti britannici che restano a capo di un consorzio, almeno per i progetti già approvati e in corso.

L’unico rischio (dal punto di vista teorico) riguarda i progetti con un partenariato di solo tre enti di cui uno britannico. In tali casi è il partenariato nella sua interezza a perdere l’eligibilità al finanziamento. Si tratta certamente di casi veramente rari (o forse nemmeno reali). Non è chiaro cosa possa accadere, ma evidentemente sarà difficile che il governo inglese possa sostenere l’intero progetto e non solo la parte inglese. Direi che è più probabile l’inserimento di un nuovo partner beneficiario per far mantenere l’eligibilità all’intero consorzio.

…e anche sui progetti dello European Research Council

I progetti finanziati da ERC con host institution nel Regno Unito smetterebbero di essere finanziati da Horizon 2020, ma il governo inglese è pronto a continuare a finanziarli al posto dell’Unione europea, considerato anche il prestigio di tali progetti.

Tuttavia, la Brexit potrebbe scatenare una ridda di offerte da tutta Europea a principal investigator in cerca di una nuova sede per poter restare all’interno del prestigioso programma ERC.

Più complessa la situazione per eventuali additional participant europei (da Stati membri dell’Unione europea o da Paesi associati) in progetti a guida UK. Chi finanzierà la loro parte, visto che il progetto nel suo complesso non è più ammissibile al finanziamento di Horizon 2020?

Effetti inattesi della Brexit sulle Azioni Marie Skłodowska-Curie

Le Azioni Marie Skłodowska-Curie pongono diversi problemi, perché le condizioni di eligibilità per proponenti, partner, e piano di lavoro sono molteplici1.

Innovative Training Networks

Nel caso degli Innovative Training Networks (ITN), vale sempre la possibilità per gli enti inglesi di usare i fondi messi a disposizione del loro governo per sostituire il mancato finanziamento comunitario. Gli enti inglesi rimarrebbero sempre beneficiari (nel senso di firmatari del Grant Agreement) ma non finanziati dall’UE.

Se si invece si vuole continuare a ricevere il finanziamento UE per gli early-stage researchers (ESR), si dovrà cambiare il titolare del loro contratto di lavoro o fellowship. Una soluzione possibile solo nel caso di progetti non ancora partiti o per contratti a ESR non ancora stipulati.

Entrambe le scelte potrebbero portare — in casi eccezionali — alla violazione del limite massimo di 40% del contributo a beneficiari dello stesso Paese. La tabella qui sotto ipotizza due situazioni critiche: nel caso in cui che l’ente inglese esca completamente dal progetto così come il suo ESR (Caso 1) e nel caso in cui l’ESR inizialmente dato a UK venga assegnato ad uno degli altri Paesi (Caso 2).

Prima Dopo
Caso 1:
L’ente UK esce
dal progetto e ESR
è finanziato da UK
Paese A:    3 (37,5%)

Paese B:    1 (12,5%)

Paese C:    1 (12,5%)

Paese D:    1 (12,5%)

Paese E:    1 (12,5%)

UK:             1 (12,5%)

Totale ESR: 8

Paese A:     3 (42,86%)

Paese B:     1 (14,29%)

Paese C:     1 (14,29%)

Paese D:     1 (14,29%)

Paese E:     1 (14,29%)

 

Totale ESR: 7
+1 ESR finanziato da UK

Caso 2:
ESR basato in UK
riassegnato ad altro paese
Paese A:    1 (20%)

Paese B:    1 (20%)

Paese C:    1 (20%)

UK:             1 (20%)

Totale ESR: 4

Paese A:    2 (50%)

Paese B:    1 (25%)

Paese C:    1 (25%)

 

Totale ESR: 4

Rispetto alle condizioni minime di composizione dei partenariati, il rischio è minimo. È bene fare attenzione soprattutto agli European Industrial Doctorates (EID), visto che in molti casi il partenariato è ridotto al minimo di 2 enti di 2 diversi Paesi. Se uno dei due fosse un ente inglese, il progetto EID diventerebbe immediatamente non eligibile.

La recente modifica delle regole per gli European Joint Doctorates (EJD) evita quella che poteva essere una situazione drammatica. A partire dal 2018, l’obbligo di essere coinvolti in un programma dottorale doppio, multiplo o congiunto tra due università europee riguarda solo i due terzi degli ESR. I casi di dottorati congiunti, doppi o multipli  con il Regno Unito ricadrebbero quindi nell’altro terzo. Se fosse rimasta la vecchia regola, di punto in bianco tutti gli ESR che svolgono il programma di dottorato in una università inglese sarebbero all’improvviso diventati non ammissibili a finanziamento.

Research and Innovation Staff Exchange

Per quanto riguarda i Research and Innovation Staff Exchange (RISE), l’impatto della Brexit comporterebbe la revisione dei ruoli all’interno del consorzio, con gli enti britannici che da beneficiari diventano partner organisation.

Inoltre, la Brexit potrebbe avere un effetto positivo, ma solo sulle proposte 2019 il cui bando scade il 2 aprile 2019, pochi giorni dopo la Brexit. Con l’uscita del Regno Unito sarebbe possibile prevedere dei secondment intra-settoriale (ossia tra due unviersità o tra due imprese), mentre finora i secondment tra Regno Unito e un altro paese europeo potevano essere solo inter-settoriale (ad esempio tra un’università e un’impresa).

Individual Fellowships

Le Individual Fellowships (IF) con host institution in Regno Unito saranno probabilmente finanziate dal governo inglese, ma ovviamente non saranno più progetti di Horizon 2020. Nel caso di Global fellowship con host institution in UK, è da vedere se il governo inglese è disponibile a coprire l’intero costo di progetto (normalmente pari a 2/3 del costo totale) per la fase in uscita.

Ma la Brexit regala anche una novità importante a partire dal 2019: sarà possibile prevedere una Global Fellowship nel Regno Unito senza dover immaginare trasferte trans-atlantiche: una pacchia per molti ricercatori europei: una Global a un’ora di aereo!

Alcuni suggerimenti finali per prepararsi alla Brexit

Possiamo riassumere la situazione con questa tabella, immaginando che il governo del Regno Unito subentri all’Unione europea nel finanziamento della parte inglese.

Tipo di azione Rischi Altre note
RIA / IA / CSA Alcuni consorzi guidati da un ente UK
ERC Progetti con host institution in UK perdono eligibilità ed il marchio ERC

Forse additional participant da UE/AC devono trovarsi i propri fondi

Molti enti europei cercheranno di accapparsi principal investigator  che hanno presentato progetti con UK
MSCA – ITN Attenzione al limite massimo del 40% di contributo UE a un solo Paese

Attenzione all’eligibilità del consorzio per gli EID (per consorzi di 2 enti)

 La nuova regola sui EJD “salva” le proposte con unviersità UK
MSCA – RISE Scambi intra-settoriali tra Europa e UK diventano ammissibili (dal bando 2019)
MSCA – IF Progetti con host institution in UK perdono eligibilità ed il marchio MSCA È possibile presentare una Global fellowship con sede in UK (dal bando 2019)

Questi sono solo i casi più comuni in Horizon 2020. Non entro nel merito di quale potrebbe essere l’effetto della Brexit sui partenariati pubblico-pubblico e pubblico-privati e altri meccanismi di finanziamento come le Eranet.

La situazione resta comunque confusa. Personalmente credo che nessuno — né a Londra né a Bruxelles  — abbia voglia di aprire una fase di revisione e emendamento di tutti i grant agrrement in cui è coinvolto anche un solo ente britannico. Questo — assieme all’assicurazione del governo inglese, cui voglio dare credito — mi spinge a ritenere che è bene continuare a cooperare con il Regno Unito come è stato fatto finora.

Magari un paio di precauzioni le prenderei:

  1. Sicuramente consiglio di non presentare una proposta che potrebbe diventare non eligibile per l’uscita dal partenariato o la perdita di elibilità di un partner britannico.
  2. Può essere utile esplicitare nella tabella dei rischi le opzioni per la soluzione dei problemi nel caso di Brexit: lo farei soprattutto per i valutatori, che sono sì istruiti a considerare il Regno Unito come Paese UE ma incosapevolmente potrebbero valutare la proposta come a rischio.
  3. Farei una integrazione al consortium agreement (almeno per quelli ancora da stipulare) in cui responsabilizzare  i partner britannici nel caso del mancato finanziamento da parte dell’Unione europea, ma cercherei anche di difendere la loro causa a Bruxelles per evitare tagli al finanziamento per le spese già sostenute – in fondo non sono loro i colpevoli della Brexit.

 

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Note

1 Sarà un caso che i bandi 2019 di RISE (scadenza 2/4/2019) e IF (scadenza 11/9/2019) non sono ancora pubblicati sul Participant Portal, mentre lo è quello di ITN (scadenza 15/1/2019)? A onor del vero anche i COFUND 2019 (scadenza il 26/9/2019) sono già pubblicati, ma probabilmente la soluzione per i COFUND è più semplice anche in caso di Brexit.